Empoli: ora si cambia
1. Il bisogno di un vero cambiamento.
Disoccupazione, mancanza di un futuro per i giovani, crisi delle imprese, del commercio, dell’edilizia sono fenomeni che in questa dimensione la nostra città e il nostro territorio non ha mai vissuto. La complessità di questa crisi richiede l’attivazione di tutte le energie, le sensibilità, gli interessi legittimi, le competenze per dare vita ad una nuovo progetto di Città, che dia speranze, voglia di vivere, di investire, di sviluppare progetti individuali e collettivi. Nessuna forza politica da sola può ritenere di intercettare i molteplici interessi, sensibilità e bisogni né tanto meno di avere il monopolio delle soluzioni; in momenti come questi chi ama la città deve mettersi in gioco, deve rompere gli schemi e portare la propria competenza e capacità di immaginare il nuovo: abbiamo bisogno di tutti perché ora si cambia.
2. Un’azione coraggiosa: verso il “comune unico”.
Non comprendiamo come una realtà sino ad oggi omogenea politicamente, che ha vissuto una lunga esperienza amministrativa comune, che si è dotata di uno strumento come il Circondario, per quanto rimasto largamente incompiuto seppure evidenziando le potenzialità di un “comune amministrare”, non abbia colto l’occasione per lanciarsi verso la costruzione di un Comune unico degli attuali 11 del Circondario, per ridefinire e valorizzare il ruolo del nostro territorio nella Regione, momento di reale possibilità di riorganizzare la macchina amministrativa comunale, pervaderla di nuove tecnologie e ottenere la liberazione di ingenti risorse economiche.
Questo scelta è resa ancora più impellente dalla preannunciata soppressione delle provincie. Una Toscana organizzata in un’area metropolitana, quale sarà la piana Firenze-Prato-Pistoia e una ventina di comuni da 100-200 mila abitanti, costituirebbe un buon governo del territorio, riducendo i costi della macchina amministrativa e della politica stessa. Noi ci batteremo, perché la nostra zona non perda questa opportunità, non rimanga invischiata in una struttura, come l’attuale “Unione dei Comuni”, che altro non è che una nuova ed inutile sovrastruttura amministrativa, limitata a tre servizi (sociali, polizia municipale, protezione civile) e che ha dato ampia prova di inefficienza e confusione. Svolgeremo una azione incisiva che porti entro la fine di questo mandato amministrativo, alla costruzione di un comune unico, mediante la progressiva e scansionata associazione di tutti gli uffici comunali e del relativo personale (segreteria, urbanistica, ufficio tecnico, ambiente, tributi, servizio demografico ecc.) superando l’attuale stallo che ha visto i servizi associati sostanzialmente lasciare la situazione inalterata.
3. La crisi economica sul territorio e il rilancio delle imprese.
Empoli vive appieno la crisi drammatica che investe l’intero nostro paese con qualche segnale di tenuta in più attribuibile alla presenza sul territorio di imprese esportatrici. Inoltre, può contare su un tessuto sociale che poggia su un associazionismo diffuso in ambito assistenziale, culturale, ricreativo e sportivo e che può attingere alle ricchezze accumulate nel passato. Per l’auspicata ripresa economica dovremo lavorare tutti consapevoli che ognuno deve fare la propria parte e portare a compimento le trasformazioni necessarie.
La prima trasformazione, esaltata dal processo di costruzione di un Comune Unico, è quella di una Amministrazione efficiente, trasparente e sensibile alle esigenze delle imprese: chi ha voglia di investire e ha progetti da proporre deve trovare nel Comune un aiuto concreto e non il primo ostacolo da superare.
4. Recuperare risorse per investire in settori strategici.
Ci sono notevoli spazi nell’organizzazione della macchina comunale per ridurre i costi: pensiamo a risparmi dell’ordine di qualche milione di euro che salirebbero a decine di milioni di euro se ciò avvenisse all’interno della costruzione del comune unico.
La sede comunale costa ogni anno 300 mila euro di affitto: possono esistere soluzioni alternative.
Vi sono dismissioni di partecipazioni non strategiche che possono dare nuovo respiro agli investimenti.
Un impegno nel contrasto all’evasione, da attuarsi potenziando gli uffici preposti con le risorse umane che si rendono disponibili dal processo di efficientamento della macchina comunale, potrebbe portare da subito risorse per ridurre la pressione fiscale sui cittadini. ed ottenere risorse economiche da investire in altri settori strategici come la casa, il problema delle nuove povertà, l’assistenza agli anziani, l’integrazione dei nuovi cittadini, il rilancio del centro di Empoli, la formazione dei giovani.
Laddove le risorse pubbliche non basteranno occorrerà creare le migliori condizioni per attivare quelle private, creando un clima favorevole agli investimenti. Nell’ambito della risposta al disagio sociale, al problema degli anziani, all’integrazione, alla difficoltà di conciliare i tempi di vita dei bambini con quelli lavorativi dei genitori, dovremo attingere a piene mani anche al tessuto dell’associazionismo organizzato anche in forma privatistica come il no profit.
5. Nuova politica urbanistica.
Per anni la politica urbanistica della nostra amministrazione è stata indirizzata a contenere lo sviluppo della città. Negli anni ‘70-‘80 lo sviluppo economico del nostro Comune avrebbe permesso un’espansione urbanistica molto maggiore, ma l’idea degli amministratori di allora è stata quella di non assecondare uno sviluppo eccessivo che forse oggi non rimpiangiamo.
Oggi però non esiste più il problema di uno sviluppo caotico, anzi abbiamo un problema di aree edificabili che probabilmente non saranno facilmente edificate, di capannoni industriali che rimangono inutilizzati, contenitori in centro per i quali la destinazione abitativa non è più garanzia di immediata utilizzazione.
Sbaglia chi pensa ad una ripresa nello stesso segno di un passato che non tornerà. Eppure l’edilizia, anche nella nostra zona, era ed è un elemento centrale dell’attività produttiva, dobbiamo puntare sulla riqualificazione del tessuto edilizio dal punto di vista energetico, estetico ed abitativo, osando oggi operazioni che in passato avremmo considerato pericolose aperture ad uno sviluppo da contenere.
6. Nuova vita al centro storico.
L’aspetto più emblematico della situazione della nostra città è il suo centro storico reso marginale nella sua funzione abitativa da politiche che per anni hanno impedito ogni trasformazione del patrimonio edilizio per renderlo adeguato ai nuovi stili di vita.
Anche il trasferimento di servizi e attività verso il nuovo centro commerciale Coop ha aggravato la situazione di marginalità e il declino del centro come cuore pulsante della città. Ad Empoli si trovava fino a poco tempo fa “dallo spillo al cannone”, ed era la “capitale” del comprensorio per gli acquisti di qualità e il commercio al dettaglio.
Come siamo arrivati ad una situazione nella quale un residente del centro non trova più neppure un cartone di latte, dove chiudono o si ridimensionano i negozi più importanti, quelli, per intendersi, che non si trovano ovunque? Certo, c’è anche la congiuntura economica a favorire questa situazione di crisi, ma soprattutto lo spostamento del “centro di gravità della città” altrove; il risultato è devastante e sta sotto gli occhi di tutti.
Non possiamo affidarci nuovamente ad amministratori che in questi ultimi anni si sono dimostrati più preoccupati della riuscita di un investimento, seppur importante, della Coop, che non dei suoi effetti sul centro.
Dobbiamo progettare insieme ai proprietari delle abitazioni e dei fondi, ai commercianti e agli operatori del settore ricreativo e culturale, un nuovo mix delle funzioni del centro sotto tutti gli aspetti: amministrative, abitative, commerciali, ricreative e culturali.
7. Ripensare i servizi sociali, servizi e assistenza alla persona.
L’altra linea di pensiero su cui si sviluppa il nostro programma mette al centro il ruolo dell’Amministrazione comunale come soggetto di programmazione e di controllo più che di gestione diretta dei servizi. In particolare in quelli sociali e alla persona, ad esempio asili nido e case di riposo.
Al centro della politica dell’Amministrazione c’è la persona con le sue esigenze e i suoi bisogni: il suo compito non può essere solo quello di fornire direttamente il servizio ad una parte dei cittadini, mentre la restante parte si arrangia con servizi e strutture private. Occorre dotare l’Amministrazione di strumenti di controllo, riducendo il più possibile l’erogazione diretta: censire le reali esigenze, operare un’adeguata programmazione, controllare la qualità del servizio erogato anche nelle strutture private.
Il fiore all’occhiello di una Amministrazione non sarà più un asilo, una casa di riposo che funzionano particolarmente bene, ma la capacità di governare e controllare una privatizzazione che sta avvenendo di fatto in maniera incontrollata.
Nel campo dell’assistenza alla persona occorrerà affrontare un problema che assilla la gran parte della famiglie lasciate sole a risolvere il problema degli anziani non autosufficienti, mediante il ricorso al mercato informale e spesso illegale delle badanti. E questo problema esploderà nei prossimi anni per effetto del prolungamento delle aspettative di vita e dell’età lavorativa soprattutto delle donne.
Anche qui occorrono risposte diversificate, che esprimano approcci nuovi sperimentati anche in altri paesi e che vadano incontro alle esigenze economiche delle famiglie, al benessere dell’anziano e alla responsabilità della comunità.
Per affrontare queste problematiche, nella nostra realtà possiamo anche contare su un tessuto vivo e diffuso dell’associazionismo, che in forma anche di impresa sociale può aiutarci a immaginare un welfare di comunità.
8. La casa.
La presenza di circa 400 domande che concorrono all’assegnazione di alloggi di edilizia sociale e delle moltissime richieste di contributo del fondo aiuto affitti ci fanno riflettere non solo sull’esistenza nella comunità di un allarme casa ma sulla impossibilità di trovare soluzioni esaustive con i soliti interventi, pur necessari. Ancora una volta dobbiamo sottolineare come la complessità di un fenomeno richieda una molteplicità e modularità di interventi, che vedano l’amministrazione comunale non solo protagonista con interventi diretti ma regista di una strategia con più protagonisti, per esempio creando le migliori condizioni per favorire l’affitto di appartamenti privati: lo possiamo fare di concerto con i proprietari di alloggi sfitti impegnandosi come amministrazione a rendere liberi gli appartamenti in caso di effettiva necessità del proprietario, assumendosi il rischio di eventuali morosità e penalizzando con aliquote elevate sui tributi comunali gli alloggi sfitti.
9. L’insostenibile “peso” dei rifiuti (recupero, costi e smaltimento).
Tutti sono contenti della performance del 90% di raccolta differenziata raggiunta con la raccolta porta a porta, nessuno evidenzia che i costi oggettivi di questa raccolta sono tali da pesare in maniera insostenibile soprattutto su imprese artigianali e commerciali. E’ giusto puntare sulla raccolta differenziata, ma questa deve essere organizzata in modo da avere un costo sostenibile dal sistema delle famiglie e delle imprese. Nelle prossime settimane, prima di consegnare il programma ufficiale, affronteremo una analisi dettagliata sui costi delle varie tipologie di raccolta differenziata, per adesso lanciamo qui una provocazione: ma quanto costerà quel camion che si ferma ogni 20 metri, quanto gasolio consuma, quanto inquina?
10. Formazione.
Nel nostro paese i soldi per la formazione professionale sono spesi malissimo, essenzialmente perché non c’è l’abitudine a verificare i risultati. Ancora una volta non riusciamo a svolgere correttamente i due cardini dell’amministrare: programmazione e controllo: monitorare, premiare e sviluppare le iniziative che, dati alla mano, riescono a migliorare la probabilità di inserimento nel mercato del lavoro.
Una iniziativa semplicissima: a tutti i giovani che acquisiscono il First Certificate, che certifica appunto una buona conoscenza dell’Inglese, il comune destina mille euro; poiché non conoscere l’inglese equivale ad un nuovo analfabetismo. Investire nelle competenze dei giovani è investire sulla città
11. Cultura.
Se dovessimo scegliere fra spendere milioni per la costruzione di un teatro, bloccare centinaia di migliaia di euro della spesa corrente ogni anno per gestirlo ed iniziative più o meno istituzionali per stimolare, soprattutto le giovani generazioni, a fruire e produrre cultura, la scelta cadrebbe su quest’ultimo impegno. Ragioniamo sulla qualità della nostra vita: per godere di uno spettacolo di alto livello musicale, teatrale ecc. ho l’imbarazzo della scelta (Firenze, Pisa), se voglio suonare, dipingere, fotografare ecc. ho bisogno di una “Casa della Cultura” dove valorizzare anche le esperienze già presenti oggi: Centro Busoni, CAM, Giallo Mare Minimal Teatro, Circo Teatro Arti Distratte … e tanti giovani artisti che attualmente non hanno lo spazio per esprimersi.
Aiutare a produrre cultura può davvero dare un contributo a rivitalizzare la città, pensiamo ad esempio ad una via del centro, come via Chiara, dedicata a botteghe di artigianato di qualità e alle iniziative che con poco sforzo economico questi artisti potrebbero collocare nel centro. Pensiamo al polo scolastico e a ciò che possiamo organizzare per avvicinare i giovani alle arti; a tal proposito la struttura dell’ex Tribunale potrebbe avere una collocazione strategica.
E poi nel comune unico il teatro c’è ed è il bel teatro del Popolo di Castelfiorentino: immaginate che con un centesimo della spesa per allestire un teatro ad Empoli, possiamo permetterci di invitare i cittadini che vogliono andare al teatro, a prendere un aperitivo in un bar del centro e con un autobus raggiungere il teatro. Così Castello vedrebbe pienamente utilizzata la sua struttura e ravvivato in maniera significativa il suo centro. Inoltre non “esaurire” risorse nella costruzione e gestione di un nuovo teatro permette di valorizzare la stagione teatrale empolese, l’attività dello Shalom, quelle del Centro Busoni.